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Diario dei frutteti: la pom rosé
Come tutti gli autunni, stavamo facendo la torchiatura delle mele per ricavarne il succo. In una cassetta c'era una mela mai vista prima di allora. Quando siamo andati a cercare l'albero, non l'abbiamo più trovato. Era il 2007, sono trascorsi tredici anni prima che, facendo la mappatura delle antiche varietà di alberi da frutto sul territorio di Lugano, in un prato di Brè, ritrovassimo la pom rosé.
Una mela al giorno toglie il medico di torno è probabilmente il detto che meglio si rifà al frutto più consumato in Svizzera. Tra i suoi ferventi sostenitori troviamo Giovanni Taddei, nonno di Manuela Bernasconi che ha segnalato i due alberi di pom rosé riscoperti al Brè durante il lavoro di mappatura. “Se il nonno ha vissuto fino a 103 anni – racconta Manuela – è sicuramente grazie al fatto che ogni giorno al mangiava la so pometa”. E come darle torto: mele dall’aroma acidulo e profumato, le pom rosé sono sicuramente ricche di antiossidanti”.
L’origine della pom rosé – un genotipo unico a livello svizzero – è incerta. Si potrebbe trattare di una varietà locale, nata da un seme fortunato e poi distribuita nei dintorni, oppure di una varietà importata dall’estero, magari durante il periodo di forte emigrazione stagionale degli uomini ticinesi: “nei primi anni del Novecento il nonno è stato in Francia a lavorare – prosegue Manuela – magari l’ha portata lui da Marsiglia”. La pianta madre (cioè l’albero più grande) è stata piantata proprio da nonno Giovanni, non si sa esattamente quando, ma si pensa almeno cento anni fa. Secondo la novantenne Palma Balmelli – figlia di Giovanni e zia di Manuela – l’albero è sempre stato lì. Oggi è affiancato da un albero più giovane, innestato in epoca più recente da un certo Cereghetti. I frutti della pom rosé si raccolgono a fine settembre, quando la buccia è di un vivace rosso intenso. Rosso che tinteggia di un bel colore rosato anche la bianca polpa del frutto chiamato localmente rosé proprio per questa sua caratteristica. “Quando il raccolto è generoso – racconta la signora Palma – i frutti sono in parte conservati in cantina, in parte trasformati in ottimo succo. Al fresco, distanziati gli uni dagli altri, i pomi si conservano fino a primavera inoltrata”. “Più si conservano più sono buoni” aggiunge Manuela. Un tempo i frutti venivano raccolti per essere venduti al mercato di Lugano. Ma questa è un’altra storia.
Contributo di Muriel Hendrichs
Gruppo di lavoro per la mappatura delle antiche varietà di alberi da frutto sul territorio di Lugano
Guarda il servizio de Il quotidiano del 4 settembre 2020: Il ritorno della mela estinta.
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Ringraziamo Franco Lurà per la consulenza.